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(r.1) L’espressione
grand tour sembra aver fatto la sua comparsa nella guida
di Richard Lassels, edita nel
1697, dal titolo An Italian Voyage, nella quale l’autore
specifica “solo colui che ha compiuto il
grand tour della Francia e il viaggio in Italia è in
grado di comprendere Cesare e Livio”.Questa
espressione diventa ben presto sinonimo per indicare il “giro”
di vari paesi europei con partenza e
(r.5) arrivo nella medesima città, itinerario che ha comunque
come obiettivo privilegiato la visita ai
tesori urbani e antiquari d’Italia. Per grand tour si
intende, dunque, agli inizi del Settecento, un
viaggio cosmopolita, e nella progressiva apertura verso paesi
ed esperienze differenti si verifica uno
spostamento sempre più a sud dei confini del viaggio, oltre a
Paestum , fino alla Sicilia. Si sviluppa
l’interesse per luoghi pressoché sconosciuti e il diario di viaggio
di Johann Wolfgang Goethe,
(r. 10) Viaggio in Italia, del 1786-89 sancisce il tramonto
del grand tour europeo, in favore delle riscoperta
artistica, antiquaria, antropologica di nuovi percorsi aperti
in Italia.
La moda del grand tour settecentesco trova le sue radici
nella tradizione, sviluppatasi dalla fine del
XVI secolo, del viaggio pedagogico-educativo rivolto ai giovani
aristocratici che, accompagnati da
tutori e da uno stuolo di servitori, si sottomettono a tale esperienza
in ottemperanza agli obblighi di
(r. 15) una carriera formativa rigorosamente disegnata.
L’Italia, in questo percorso , riveste un ruolo di primaria importanza
per la molteplicità di interessi
che può soddisfare: dalle raccolte naturalistiche e artistiche
, all’osservazione degli usi e dei
costumi, all’indagine sui differenti regimi politici ed economici.
Il più autorevole estimatore
seicentesco dell’importanza pedagogica del viaggio è il filosofo
inglese Francis Bacon che, nel suo
(r. 20) saggio Of Travel (Del viaggio, 1625), sottolinea
perentoriamente la volontà di questa esperienza: “il
viaggiare, nei più giovani, fa parte dell’educazione; negli adulti,
fa parte dell’esperienza”. Dunque,
sulla base di una vasta letteratura sull’argomento che elenca
minuziosamente le finalità educative
del tour, le giovani generazioni dell’aristocrazia e
della ricca borghesia percorrono le strade del
continente per arrivare nell’”Adorabile Italia”, alternando in
questo itinerario il diletto a un rigoroso
(r. 25) apprendimento.
Indubbiamente il richiamo dell’arte classica spinge un numero
sempre maggiore di viaggiatori in
Italia e in particolare a Roma, tanto che nel 1666 Colbert, ministro
del Re Sole, vi istituisce
l’accademia di Francia, che diviene luogo di aggregazione e formazione
di intere generazioni di
artisti. Lo stesso Colbert, pochi anni dopo, in un lettera al
figlio che si accingeva a partire per
(r. 30) l’Italia, indica il valore didattico preminente di questa
esperienza nello studio attento dei diversi
“corsi politici dei principi e degli stati che dominano in una
parte del mondo così importante....,
insieme di governi differenti fra loro e di usi e di costumi...”.
La molteplicità di interessi e
motivazioni del viaggiatore seicentesco è legata al significato
sociale e pubblico attribuito al tour,
significato che va progressivamente cambiando nel corso del secolo
successivo. Il ritratto del nuovo
(r. 35) viaggiatore appare connotato dalla consapevolezza di un
più profondo e personale arricchimento,
legato al valore formativo del tour: l’arricchimento
che si riporta da questa esperienza non è più
valutabile esclusivamente in termini di carriera politica o di
completamento di un curriculum
scolastico, inscindibile dall’appartenenza a una precisa classe
sociale. Il viaggio tende pertanto a
divenire, come scrive lo storico inglese E: Gibbon alla fine del
Settecento, un’esperienza che “deve
(r. 40) essere riferita, in ultima analisi, al carattere e alla
particolare condizione di ciascun individuo”:
dunque non più una semplice tappa formativa per giovani aristocratici,
bensì un arricchimento
personale aperto a tutti, senza limiti di età, di censo, di sesso.
Il Settecento vedrà infatti una
importante partecipazione femminile al grand tour e ,
comunque, una dilatazione di questo
fenomeno, che toccherà l’apice fra il 1760 e il 1780, quando numerose
fonti attestano la presenza di
(r. 45) almeno quarantamila stranieri a Roma durante la stagione
invernale.
La moda e la consuetudine hanno indubbiamente un peso determinante
nel motivare il crescente
numero di viaggiatori in Italia, ma sempre maggiore importanza
assume il sentimento
dell’arricchimento individuale, derivato dalla diretta conoscenza
dell’antichità, arricchimento inteso
in termini sia sentimentali sia artisticamente professionali.
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da
Pierluigi De Vecchi-Elda Cerchiari, Arte nel tempo, Vol. I,
Bompiani, Milano 1995 |
Che cos’è
il grand tour?
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