A1
ANEDDOTO
CON EFFETTO DEPRIMENTE SULLA MORALE DEL LAVORO |
In un porto
della costa occidentale europea un uomo vestito poveramente se
ne
sta sdraiato nella sua barca da pesca e sonnecchia. Un turista
vestito con eleganza
sta appunto mettendo una nuova pellicola a colori nella sua macchina
fotografica per
fotografare quella scena idillica: cielo azzurro, mare verde con
pacifiche, candide creste
(riga 5) di spuma, barca nera, berretto da pescatore rosso. Ancora
una volta: clic, e siccome
non c’è due senza tre, ed è sempre meglio essere sicuri, una terza
volta: clic.
Quel rumore secco, quasi ostile sveglia il pescatore mezzo addormentato,
che si
drizza pieno di sonno, cerca – pieno di sonno- il suo pacchetto
di sigarette, ma prima
di averlo trovato lo zelante turista gliene mette già un altro
sotto il naso, gli ha infilato
(riga 10) una sigaretta non proprio in bocca ma tra le dita, e
un quarto clic, quello dell’accendino,
conchiude quella sollecita cortesia. Quell’eccedenza quasi impercettibile,
assolutamente indimostrabile di scattante cortesia ha provocato
un irritante
imbarazzo che il turista – il quale conosce la lingua locale –
cerca di superare entrando
in conversazione.
(riga 15) – Oggi lei farà una buona pesca.
Il pescatore scuote la testa.
– Perché? Non uscirà al largo?
Il pescatore scuote la testa; crescente nervosismo del turista.
Deve stargli proprio
a cuore il bene di quell’uomo poveramente vestito, e certo lo
tormenta il pensiero
(riga 20) di quell’occasione perduta.
– Oh, lei non si sente bene?
Finalmente il pescatore passa dal linguaggio dei segni alla parola
articolata. – Mi
sento benone, – dice. – Non mi sono mai sentito meglio –. Si alza,
si stira come per
far vedere l’atleticità del suo fisico. – Mi sento una cannonata.
(riga 25) Il volto del turista assume un’espressione sempre più
infelice, non può più reprimere
la domanda che, per così dire, minaccia di fargli scoppiare il
cuore: – Ma allora
perché non esce al largo?
La risposta arriva subito, asciutta. – Perché l’ho già fatto stamattina.
– È stata una buona pesca?
(riga 30) – Talmente buona che non ho bisogno di uscire un’altra
volta, ho preso quattro
aragoste, quasi due dozzine di maccarelli1…
Il pescatore, finalmente sveglio, ora si scioglie e dà qualche
rassicurante pacca
sulla spalla al turista. La sua faccia preoccupata gli sembra
l’espressione di un’ansia
magari fuori posto ma commovente.
(riga 35) Ne ho persino abbastanza per domani e dopodomani, –
dice per sollevare l’animo
dello straniero.
– Fuma una delle mie sigarette?
– Sì, grazie.
I due mettono in bocca le sigarette, un quinto clic, lo straniero
si siede scotendo
(riga 40) la testa sul bordo della barca, mette da parte l’apparecchio
fotografico perché adesso
gli servono tutte e due le mani per dare forza al suo discorso.
– Io non voglio immischiarmi nei suoi affari privati, – dice,
– ma immagini di uscire
al largo, oggi, una seconda, una terza, magari una quarta volta
e di pescare tre,
quattro, cinque, forse addirittura dieci dozzine di maccarelli…
se lo immagini un po’.
(riga 45) Il pescatore annuisce.
Faccia conto, – continua il turista, – che non solo oggi, ma domani,
dopodomani,
in ogni giorno favorevole lei esca al largo due, tre, magari quattro
volte… Lo sa che
cosa succederebbe?
Il pescatore scuote la testa.
(riga 50) – In un anno al massimo lei potrebbe comprarsi un motore,
entro due anni una
seconda barca, fra tre o quattro anni lei potrebbe forse avere
un piccolo cutter, con
le due barche o il cutter lei naturalmente pescherebbe molto di
più. Un bel giorno lei
avrebbe due cutter, e allora…
L’entusiasmo gli strozza la voce per qualche istante. – Allora
lei si costruirebbe
(riga 55) una piccola cella frigorifera, magari un affumicatoio,
più tardi una fabbrica di pesce
in salamoia, andrebbe in giro nel suo elicottero personale, scoprirebbe
dall’alto le
schiere di pesci e lo comunicherebbe via radio ai suoi cutter.
Potrebbe acquistare il
diritto alla pesca del salmone, aprire un ristorante specializzato
in pesce, esportare
direttamente a Parigi, senza intermediari, le aragoste; e poi…
– Ancora una volta
(riga 60) l’entusiasmo impedisce allo straniero di parlare. Scotendo
il capo, afflitto nel profondo
del cuore, avendo già quasi perso il piacere delle vacanze, guarda
le onde che
avanzano dolcemente e dove è tutto un allegro guizzare di pesci
non pescati.
– E poi, – dice, ma ancora una volta l’eccitazione lo rende muto.
Il pescatore gli
batte sulla schiena come a un bambino a cui sia andato un boccone
di traverso.
(riga 65) – Che cosa? – gli chiede sottovoce.
– E poi, – dice lo straniero con un entusiasmo estatico, – e poi
lei potrebbe starsene
in santa pace qui nel porto, sonnecchiare al sole… e contemplare
questo mare
stupendo.
– Ma questo lo faccio già, – dice il pescatore, – me ne sto in
santa pace qui nel
(riga 70) porto e sonnecchio, è solo il suo clic che mi ha disturbato.
Il turista così ammaestrato se ne andò via pensoso, perché un
tempo anche lui
aveva creduto di lavorare per non dover più lavorare un giorno,
e in lui non restava
traccia di compassione per quel pescatore poveramente vestito,
solo un poco d’invidia.
|
(Heinrich
Böll, in Il nano e la bambola. Racconti 1950-70, trad. italiana
A. Chiusano, Einaudi, Torino, 1975). |
Quale
complemento è da pesca (riga 2)?
|